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La persona che si trovi in una situazione di sovraindebitamento [rilevante difficoltà o definitiva di far fronte alle proprie obbligazioni, ai propri debiti] e che NON sia “fallibile” [non soggetto a fallimento] può ricorrere ad una delle tre procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento [L. 03/2012] che sono le seguenti:
- ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI: per le situazioni di sovraindebitamento derivanti da attività imprenditoriali e professionali del debitore. Prevede un piano di ristrutturazione del debito.
- PIANO DEL CONSUMATORE: per i casi in cui il sovraindebitamento non si sia creato nell’ambito di attività d’impresa o della professione del debitore (ecco il riferimento al “consumatore”). Prevede un piano di ristrutturazione del debito.
- LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO (L. P.) : A differenza delle due forme precedenti, questa procedura non prevede piani di ristrutturazione del debito, ma la cessione di tutti i beni del debitore, un po’ come accade nel fallimento, con la formazione di uno stato passivo [individuazione della massa dei debiti] e la vendita dei beni del debitore, ed, infine, con distribuzione dei ricavato ai creditori.
Tutte queste procedure si svolgono, tramite apposita domanda, presso il Tribunale ove il debitore risiede od abbia la sua sede. La domanda è corredata da una relazione di un Organismo di composizione della crisi e dalla documentazione che comprovi la situazione economica e patrimoniale del debitore.
Concentriamoci, ora, sul procedimento di Liquidazione del patrimonio ed, in particolare, su un aspetto degno di nota, nella complessiva valutazione delle caratteristiche del procedimento.
Dopo la presentazione della domanda di L. P. , il Giudice Delegato nomina un Liquidatore, al quale sono demandati i compiti di inventariare i beni, amministrare il patrimonio, redigere lo stato passivo, ed elaborare il programma di liquidazione, che illustri fasi, tempi e modi della procedura.
Come abbiamo detto, il procedimento di Liquidazione del patrimonio - pur essendo destinato agli individui non assoggettabili al Fallimento - presenta notevoli analogie con questa procedura concorsuale, perché ha le medesime finalità “liquidatorie” (vendita di tutti i beni necessari a soddisfare, in tutto o in parte, i creditori).
Dobbiamo ricordare allora che proprio la Legge Fallimentare, all’art. 47 si occupa di disciplinare l’ipotesi in cui, in un momento sopravvenuto al fallimento, il fallito - e la sua famiglia - vengano a mancare dei mezzi di sussistenza.
La norma prevede, allora, che il Giudice delegato, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, possa accordare al fallito un sussidio alimentare. Inoltre, la stessa norma consente che la casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria l’abitazione di lui e della sua famiglia, debba rimanere adibita a tale uso, sino alla fine della procedura di liquidazione.
Ci deve chiedere, dunque, se tale norma della Legge Fallimentare [art. 47] possa essere applicata, in via analogica, anche ai soggetti non fallibili che abbiano avviato un procedimento di L. P.
Al momento, la risposta pare essere negativa, ed in questo senso depone una recente pronuncia del Tribunale di Rimini [del 18 maggio 2020 - RG 04/2020], cui è stato dato particolare risalto e che è reperibile al seguente link.
Nel caso specifico, il Giudice Delegato ha escluso l’applicazione analogica della norma fallimentare in materia di sussidio alimentare al “sovraindebitato”, esaminando la possibilità di espandere il dato letterale della norma ad altre fattispecie, con uno sguardo alle specifiche circostanze di quel caso concreto.
Il debitore che faceva accesso alla procedura di Liquidazione del patrimonio, a quanto risulta, dichiarava di essere inoccupato e privo di reddito, e chiedeva un sussidio alimentare, da far valere su una provvista di denaro che egli aveva conseguito, prima di accedere alla procedura di L. P., dalla vendita esecutiva di un appartamento di sua proprietà.
Si è trattato di una richiesta strettamente circoscritta nei suoi termini fattuali, che però non ha trovato il favore del Tribunale, il quale ha osservato che l’utilizzo dei beni, già di proprietà del debitore sovraindebitato e destinati alla liquidazione, sono consentiti solo in modo temporaneo e fino a che la procedura di L. P. non si conclude.
Ovvio, dunque, comprendere che questo utilizzo temporaneo non possa essere accordato su una provvista di denaro poiché il sussidio alimentare, laddove fosse stato riconosciuto ed assegnato, si sarebbe inevitabilmente consumato per le esigenze di vita del debitore e della sua famiglia, senza possibilità di sua ricostituzione.
Inoltre, qualora il debitore avesse, nel frattempo, reperito un’occupazione lavorativa, si sarebbe trovato a beneficiare sia del reddito da lavoro che del sussidio, e questo sarebbe entrato in contrasto con le finalità di puro sostegno “sociale” del sussidio stesso.
Va detto che, nella pronuncia del Tribunale di Rimini, al debitore, ammesso alla procedura di L.P., è stata riconosciuto il diritto di utilizzo del bene adibito a residenza, sino al momento in cui il bene, venduto in via esecutiva, non fosse trasferito con decreto del Tribunale al nuovo aggiudicatario (oltre alla disponibilità della autovettura, con la possibilità, rimessa al Liquidatore, di rinunciare ad assoggettarla alla liquidazione e lasciarla definitivamente al debitore).
In conclusione, qualora si stia valutando se prendere la decisione di porre soluzione ad uno stato di sovraindebitamento, tramite liquidazione dei propri beni, si dovrà tenere conto che gli spazi per il riconoscimento di un sussidio alimentare (come può avvenire per il debitore fallito) sono attualmente assai ristretti, ragion per cui il debitore sovraindebitato deve poter contare su un’occupazione che gli consenta di far fronte al sostentamento proprio e della famiglia.
Resta aperta, tuttavia, la possibilità che, in presenza di casi con caratteristiche peculiari e diverse da quelle esaminate, adeguatamente valorizzate dal legale in fase di domanda di ammissione alla procedura, si faccia strada un diverso indirizzo da parte di questo come di altri Tribunali territoriali, con elaborazione di un nuovo orientamento, più “aperturista” rispetto a questa problematica.